SERGIO RIZZO - Aldo Viora di Ceva (Cuneo) è una persona molta conosciuta in zona e in tutto il Cebano. In questi giorni è ritornato a casa, al termine di un suo avventuroso viaggio in Oriente, e ha accettato di raccontare questa sua ultima esperienza che lo ha visto protagonista insieme a tre amici della Granda a bordo di un vecchio fuoristrada. E' il giro del mondo organizzato dal club di liberi viaggiatori "Totem&Tabù" di Boves.

“Il nostro viaggio – ha iniziato a raccontare Aldo Viora – è iniziato il 30 settembre e si è concluso il 10 novembre. Un viaggio molto particolare, diverso da quelli che sono abituato a fare. Non si è trattato di una spedizione alpinistica, è stata una specie di Overland che però noi chiamiamo "poverland". La macchina che usiamo è una Toyota Land Cruiser 4500 cc sei cilindri di 2,5 tonnellate. Una macchina che ha trent’anni ed è stata rimessa insieme da Roberto, un nostro amico meccanico, che ci ha lavorato sopra per circa due anni predisponendola per fare il giro del mondo in cinque anni e 26 tappe con il cambio di equipaggio che normalmente è di quattro persone e si alterna di volta in volta.

La prima tappa è stata la Boves-Samarcanda. Noi, vale a dire Diego Bianco, Beppe Bono e Dudi Damilano ed io, tutti della provincia di Cuneo, siamo giunti in aereo sino a Mosca e abbiamo preso in consegna la macchina dall’equipaggio precedente giunto da Boves, a Taschkent, in Uzbekistan. Per giungere sino a quell’appuntamento, l’equipaggio bovesano ha attraversato la Turchia, cercando di entrare in Iran senza però riuscirci, poi attraversato il Mar Caspio sono giunti in tempo per consegnarci il mezzo. Quasi subito siamo partiti per la magica Samarcanda per tornare poi verso il Kirghizistan.

Il Toyota si è comportato molto bene e non dimostra i suoi quasi trent’anni di vita. Lo abbiamo messo subito alla prova salendo al campo base del Peak Lenin, una bella montagna di oltre 7mila metri per entrare in Cina, nella regione del Xinjiang per il passo Irkestam. Sono interminabili i controlli alla frontiera. Finalmente siamo giunti a Kashgar, un’oasi nel deserto. Da qui in poi ci sono stati 15 giorni da trascorrere tra i 4200 metri e i 5296 metri del passo più alto per giungere in fondo al Tibet, nella magica Lhasa. Tanti gli animali: cammelli, yak, lupi, antilopi, cavalli e greggi di pecore ovunque. Sono indescrivibili i paesaggi tibetani, laghi dalle acque turchine, monasteri appollaiati alle rocce. Bellissimo.

Il Bramaputra, Nanda Devi, il Kailash e il campo base dell’Everest che abbiamo raggiunto in macchina dalla parte tibetana il 22 ottobre. La vista spazia sul Makalu, il Lotse, il Cho You e il Sisma Pagma. Molto freddo, il termometro segnava costantemente -11. Ovunque abbiamo attirato l’interesse delle popolazioni, in genere di pastori nomadi. Il cibo era quello che era, ma siamo stati bene. La Toyota si è comportata sempre bene, in modo particolare sulle strade impervie di quelle regioni.

Di seguito – prosegue nell’appassionante racconto Aldo Viora – siamo entrati in Nepal. È il percorso che più ci ha spaventati in quanto esiste un solo passaggio, quello da Gyrong. La strada è al limite dell’impraticabile, sono ben 160 chilometri di buche con tratti con esposizioni impressionanti. L’altra strada detta “dell’amicizia” più abbordabile per arrivare a Kathmandu, è stata rasa al suolo dal terremoto del 2015 e l’unico passaggio rimane questo. Il paesaggio è cambiato totalmente. Dalle lande aride del Tibet alle fitte foreste del Nepal. Così siamo arrivati anche se un po’ stravolti a Kathamandu.

Per me è stato un po’ come tornare a casa. È stata la mia undicesima volta. Dopo aver trascorso qualche giorno di riposo nella capitale del Nepal e rifocillati per bene, la Toyota nel frattempo è entrata in officina per un accurato controllo dove sono state cambiate le pastiglie ai freni, messi a dura prova e siamo ripartiti per il Citwan, ricco di animali, elefanti, tigri, rinoceronti. Indubbiamente un bel posto e subito dopo è stata l’India e il Gange. Qui, come in Nepal, si guida a sinistra e nel caos delle strade indiane non è facile. Sono stati bravi Beppe e Diego che da quel momento in poi sono stati i piloti che hanno fatto più chilometri, mentre io mi sono occupato delle mappe e Dudi della fotografia e delle riprese.

Il gruppo ha funzionato alla grande e siamo stati davvero bene insieme. Arrivati nella regione del Bihar ci hanno accolto le risaie, colture di banane e ananas, una natura floridissima con villaggi ancora integri nella tradizione. Qui il turismo non esiste. La gente, molto curiosa, si avvicinava sempre alla Toyota, per sapere, per parlare e sovente ci hanno fatto dei doni. Il viaggio è proseguito verso il Bengala occidentale nella regione di Darjeeling, ai confini con il Sikkim. Il thè, questo è il posto del thè più famoso al mondo. Le piantagioni si estendono sulle ripide colline. È tempo di raccolta e le donne le abbiamo viste invadere letteralmente i campi.

La strada per Darjeeling è terribile quanto è stretta e un trenino, diventato famoso in tutto il mondo, la attraversa in continuazione. Questo treno sale tra le colline per 86 kilometri da Siliguri a Darjeeling. Qui il turismo è arrivato ma, fortunatamente, non ha ancora stravolto la zona. Al mattino scorgiamo vicinissimo il Kanghenjunga, il più estremo degli ottomila Himalayani. Sono gli ultimi giorni e siamo entrati in Assam con qualche problema. È in corso una rivolta autonomista e per questo motivo abbiamo percorso un tratto di strada scortati dall’esercito. Ancora una tappa a Bongaigaon prima della fine del viaggio. Guwanati, grande città dell’Assam ci ha ospitati per l’ultima volta.

Sono stati percorsi quasi 9mila chilometri. Abbiamo preparato per bene la Toyota all’equipaggio che a giorni percorrerà la terza tappa. Sono Renzo Bisotto e Gigi Garro con le rispettive mogli che sono partiti con la macchina per il Myanmar, la Thailandia, l’Indonesia fino a imbarcarla per l’Australia dove attualmente attende un nuovo equipaggio tutto cuneese che arriva dalla Valle Maira. C'è da dire che questi equipaggi non sono nuovi a questo tipo di viaggi. Tempo fa avevano già fatto e concluso un viaggio simile con i camion, la famosa "Boves-Pechino".

Terminato il tour in Australia, la macchina sarà nuovamente imbarcata per giungere sino a Panama dove si percorreranno tutti gli Stati Uniti, il Canada e l’Alaska. Questa tappa sarà molto interessante in quanto sarà formata da equipaggi tutti femminili e provenienti dalla Granda. Si ritornerà indietro percorrendo l’America del sud, dove fra un anno circa mi attende un’altra tappa fra Argentina, Patagonia e Terra del Fuoco per poi risalire a nord passando dal Cile. Questo viaggio lo farò insieme a mia moglie, all’amico Diego e a sua moglie. Sarà una nuova esperienza. Il lungo viaggio internazionale si concluderà in cinque anni, vale a dire alla fine del 2022, per un totale di 26 mila chilometri percorsi.

Ora che sono tre anni che ho raggiunto la pensione – conclude il suo racconto Aldo Viora – sovente mi viene chiesto cos’è che mi spinge a intraprendere ancora questo tipo di viaggi. Pensavo che una volta raggiunta la pensione sarebbe stato interessante fare tutto quello che non avevo ancora fatto, anche se ho preso parte a 7 spedizioni girando un po’ tutto il mondo, in particolare l’Oriente. Ora riesco a fare quello che immaginavo e, fino a che la salute me lo consentirà, voglio continuare a fare tutto questo. È una cosa straordinaria che ti arricchisce dentro, ti prende tantissimo, sempre di più".

Sergio Rizzo

(Nelle foto: una sosta a quasi 5mila metri, l’itinerario del viaggio, l'equipaggio davanti al Poltala a Lhasa)