TERESIO ASOLA - Mi chiamo Crispino. Sono un bambino degli anni '60, personaggio in un romanzo. Vivo in una città speciale per visioni e capacità di realizzarle, nell'Italia seria e laboriosa del dopoguerra.

Partorito accanto a un piatto d’insalata russa, sono allergico al calcio, al teatro e all’aritmetica ma ho tre fidanzate a loro insaputa e voglio fare l’astronauta. Pare che la frontiera sia lo sviluppo industriale, da conquistare come la luna. Vivo in un mondo speciale: mamma è caduta in pentola da bambina, il papà geometra racconta di voler arginare la piena urbanistica e io non so che significa, litigo con la sorella maggiore, invidio l’amico Alex che a nove anni in cortile manovra la 1100 e costruisce barche, ascolto la madrina sarda dall’accento di Langa.

Osservo un teatrino di guardie burlone, commessi innamorati, barbieri chitarristi, maestri partigiani, professori, dottori, morti che evaporano, eroi, impostori pronti a trasformare acqua in benzina e tartufi in elisir d’amore. Intanto, vagoni ferroviari sfilano per la città carichi di cacao per la fabbrica del cioccolato, la cui titolare regala rose e distribuisce ricchezze.

I problemi non mancano ma ognuno cerca la propria luna, a casa o a diecimila chilometri di distanza. Se qualcosa s’inceppa, come dopo la guerra si rinasce. E non ci si piange addosso.

Le volte che esco dalle pagine del libro e mi affaccio a questo vostro mondo di oggi privo di sorrisi, idee e slanci, mi prende l'affanno. E mi viene voglia, ancora una volta, di provare a dimostrare che ognuno di voi possiede una personale ricetta della felicità, in grado di farvi rivivere ancora, oggi e domani, i miracoli di allora.

Teresio Asola (Crispino nell'"Alba dei miracoli")