PIERCARLO BARALE - Premetto che queste mie considerazioni non costituiscono una sorta di parere, eventualmente con la desueta denominazione "pro veritate" tanto utilizzata quando avevo iniziato la professione, ora lasciata. Serviva più che altro per aumentare la parcella ed evitare fantasiosi ed insostenibili sproloqui giuridici a sostegno del proprio cliente. Era utilizzata quando si tendeva a convincere le pubbliche amministrazioni destinatarie di richieste della compatibilità con la normativa vigente.

Allora non c'erano internet, le raccolte di giurisprudenza e dottrina di immediata consultazione, nonchè delle fonti legislative e regolamentari. Non erano aggiornate "ad oggi". Ci si serviva, per le fonti normative, delle raccolte a schede mobili, da sostituire allorquando intervenivano modifiche. Era una continua attività, a scadenza mensile, che negli studi legali era affidata ai praticanti, alle segretarie oppure, come ho sempre fatto di persona, agli avvocati. In tal modo, si restava informati ed in grado, in caso di pareri o questioni da trattare d'urgenza, di esprimersi.

Anche i magistrati faticavano parecchio a rinvenire la norma che regolava la fattispecie in esame. E tali difficoltà, più che sui giudici di tribunale, gravavano sui pretori che svolgevano sia l'attività requirente, come pubblici ministri, che giudicante. Eliminate le preture, la norma doveva essere reperita dai procuratori della Repubblica e dai giudici. Spesso era più complicato di quanto si possa immaginare. Ciò per la confusione tra norme sopravvenute, senza l'abrogazione espressa di quelle precedenti, da ritenersi ancora vigenti, in via residuale, per quanto non statuito dalle innovazioni. Anzichè racchiudere in testi unici la legislazione su specifici argomenti, si procedeva senza alcuna coordinazione.

Ora gli avvocati non devono attendere le riviste giuridiche, un tempo unica fonte giurisprudenziale, che occorreva leggere diligentemente, annotando le novità, i cosiddetti "revirement". Essi consentivano di interpretare in modo diverso fattispecie fino ad allora oggetto di pronunce consolidate, di merito o di legittimità. Per magistrati ed avvocati ora le ricerche sono semplici, immediato il risultato. Resta, come per ogni professione, la capacità di valutare il caso affidato, la collocazione in un contesto e nello spazio-tempo, con il rischio di non essere adeguatamente informati dai clienti, spesso carenti di obiettività.

Queste mie considerazioni circa la questione Tenda - Tenda bis dalle esperienze acquisite come consulente legale in parecchi casi di recesso o risoluzione contrattuale di contratti stipulati da enti locali con società di costruzione, con il successivo affidamento al secondo classificato, oppure con nuove gare d'asta o completamento a cura dell'ente proprietario del sito e dell'edificato lasciato a metà. Mi pare che l'ipotesi di modifica del progetto originario, con l'ampliamento delle nuove gallerie in corso d'opera con i lavori sospesi per le note accertate inadempienze gravi dell'aggiudicataria, e la semplice verifica della utilizzabilità della "vecchia galleria" per uso turistico pedonale e ciclabile senza che ricorrano situazioni di pericolo, sia valida ed utile non solo per la committente, ma per la collettività cuneese e transfrontaliera. Comprendo e condivido la preoccupazione dell'aggiudicatario subentrato all'inadempiente, soprattutto alla luce delle gravi sottrazioni di materiale indispensabile per l'opera, ovviamente non sostituito con altro, ma finito nella disponibilità di chi tale sottrazione ha effettuato.

Da quanto ho appreso dalle notizie di stampa via via succedutesi, dalle perizie affidate dagli inquirenti, non risulterebbero difformità tali da dover rifare quanto realizzato finora nel Tenda bis. Restano obiettivamente riserve, non potendo demolire la galleria per verificare - come nelle autopsie sui cadaveri - la corrispondenza tra il progetto e l'opera eseguita. L'ampliamento della galleria in costruzione di un metro per ogni lato consentirebbe non solo di realizzare un'opera idonea al traffico bidirezionale, ma di porre rimedio ad eventuali carenze attualmente invisibili; pur con la grandissima attenzione posta in atto dai periti.

Si eviterebbe così di completare un'opera nata male, con la sottrazione di ingenti quantità di acciaio, per quanto accertato. E' come se al pasticcere avessero rubato parte dello zucchero ed avesse ugualmente eseguito la torta, che, all'aspetto, sarebbe identica; ma non al gusto. Nutro dubbi circa la legittimità della prosecuzione, con lo stesso assegnatario, in sostituzione di quello inadempiente, senza procedere ad una nuova gara d'asta europea. Pare difficile qualificare variante in corso d'opera le rilevanti modifiche. In ogni caso, meglio una nuova gara che il completamento di un'opera nata male.

Piercarlo Barale