GUIDO CHIESA - Mi è stato proposto di firmare una petizione per sostenere la richiesta che il nuovo ospedale di Savigliano sia costruito nell’area già occupata dall’esistente ospedale al fine di evitare la cementificazione di altro suolo agricolo. Ho risposto che non me la sento di sottoscrivere quella petizione.

Come presidente della Consulta Ecologica della città mi pare corretto motivare il mio diniego.

Bloccare il consumo del suolo e difendere il paesaggio sono parole d’ordine che ho sempre condiviso con convinzione. La cementificazione ha raggiunto nel nostro paese livelli insopportabili. Di fronte alla scelta se difendere la bellezza dei nostri paesaggi o consentire lo sfruttamento delle nostre terre a scopo di lucro ho verificato che ha sempre, inesorabilmente, vinto il profitto, mettendo in forse il futuro delle generazioni a venire.

Tuttavia, per la scelta di dove costruire il nuovo ospedale di Savigliano, non ritengo corretto esprimere un giudizio tenendo conto del solo parametro “consumo di suolo agricolo”. Il problema del consumo del suolo esiste, è forte, ma ritengo che Il problema sia estremamente più complesso e che i parametri da considerare siano molti, molti di più. In sintesi, ritengo un errore dare una risposta semplice, ancorché motivata e condivisibile, ad un problema complesso. Non mi basta dire che devo essere coerente con tutto quello che ho sempre sostenuto per farmi decidere a favore o contro una soluzione. Credo sia più serio sforzarmi di andare a fondo della questione e indagare con freddezza e, per quanto possibile, con oggettività i pro e i contro delle soluzioni proposte.

Tengo subito a chiarire che vedo solo un’altra soluzione in gioco, ossia quella di realizzare il nuovo ospedale nelle vicinanze del centro abitato di Savigliano, lungo la direttrice Savigliano-Saluzzo. Ritengo infatti che la terza ipotesi, quella di utilizzare un’area pochi chilometri più lontano, presso la Saint Gobain, non sia da prendere neppure minimamente in considerazione dato che non occorre una sofisticata analisi costi-benefici per concludere che i vantaggi per gli utenti del Saluzzese sarebbero risibili in rapporto ai danni che causerebbe ai cittadini del restante quadrante e, in particolare, alla città di Savigliano. Su questo punto ritengo non ci possa essere discussione di sorta.

Una ulteriore premessa: non è mia competenza dare giudizi definitivi. Spetta infatti ai tecnici della Regione eseguire l’analisi costi-benefici delle due soluzioni. Irrita tuttavia le persone disponibili a ragionare con imparzialità il fatto che l’assessore regionale abbia già dichiarato di propendere per la soluzione che prevede la costruzione del nuovo ospedale lungo la direttrice Savigliano-Saluzzo, pe di più senza specificare bene di quale delle aree in gioco stia parlando.

Chiusa la premessa, confesso di essere, in primo luogo, profondamente preoccupato che si parli di “nuovo ospedale” avulso da qualsiasi ipotesi di riforma della sanità. In altre parole temo che si corra ancora una volta il rischio di accentrare l’attenzione e le risorse sul tema ospedale senza tenere conto del suo inserimento in un disegno organico di risposta ai bisogni reali, concreti, a volte drammatici, dei cittadini.

I responsabili parlano genericamente di riorganizzazione della Sanità del Territorio, di Case della Salute, di Ospedali di Comunità, senza tuttavia specificare né come sarà riorganizzata la Medicina di Base né quante Case della Salute dovrebbero essere realizzate all’interno del Quadrante Fossano-Saluzzo-Savigliano. Non è detto né dove, né come saranno strutturate né quali servizi offriranno. Non sappiamo quanti, e dove, andrebbero costruiti gli Ospedali di Comunità. E ancora: che fine faranno le strutture e le aree dismesse? Sono in grado le strutture esistenti di ospitare le nuove funzioni in tutta sicurezza, compresa quella sismica? Quante risorse andrebbero riservate per completare il disegno di ristrutturazione della Sanità del territorio? Dove potrebbero essere recuperate? e quanto tempo ci vorrebbe per vedere le chiacchiere tradotte in fatti concreti?

Senza questa visione complessiva, chi potrà garantire che non saranno ripetuti gli errori del passato che tanti guai hanno causato nel corso dell’ultima pandemia? Gli addetti ai lavori sono ormai tutti d’accordo che il modello “Ospedalocentrico” è stato definitivamente sconfitto dai fatti, ma i cittadini pretendono giustamente di essere informati dall’assessore Icardi su come sarà organizzata la Sanità del futuro prima di essere messi a parte della sua personale opinione di dove piazzare la nuova sede dell’ospedale di Savigliano.

Va da sé che se le nuove strutture della Sanità del Territorio fossero strutturate in modo da ridurre drasticamente gli accessi ai Pronto Soccorso e fossero ubicate nei principali centri urbani – come il buon senso suggerirebbe essendo tali strutture al servizio dei cittadini per le patologie non acute – la localizzazione del nuovo ospedale potrebbe essere vista in un’ottica di maggior respiro.

Ad esempio, non si potrebbe prescindere dal problema della viabilità che è stato, ed è, il vero tallone d’Achille di Verduno. Dovrebbero essere analizzati con attenzione gli accessi alla nuova struttura dalle varie direzioni: da Fossano, da Bra (infatti molti pazienti di quelle aree preferiscono venire a Savigliano piuttosto che andare a Verduno), da Carmagnola e da Saluzzo. Conviene portare questo traffico in città, verso la zona ove oggi sorge l’ospedale, o conviene tenerlo all’esterno, sulla Circonvallazione? In questo secondo caso, non potremmo certo permettere che le autoambulanze provenienti da Fossano o da Marene restino imbottigliate nelle lunghe code che nel fine settimana si formano al semaforo di Suniglia. Dovrebbero essere rivisti percorsi ed orari dei mezzi pubblici (bus e navette) al fine di consentire agli utenti di poter raggiungere il nuovo ospedale senza essere costretti ad usare una autovettura. Come pure dovremmo collegare il centro città con il nuovo ospedale mediante una pista ciclabile a doppio senso di marcia per consentire agli operatori sanitari residenti in Savigliano di andare al lavoro in modo sostenibile.

Mi pongo poi un altro interrogativo “pesante”. Diamo pure per scontato che le nuove strutture da realizzare siano, a lavori finiti, equivalenti per spazi e funzionalità, ma cosa succederebbe nei 5-6 anni di costruzione (sempre che non divengano 10-12 come a Verduno)? Con l’ospedale esistente in attività e il nuovo in costruzione, dove parcheggerebbero tutti gli utenti, i sanitari e gli addetti ai lavori con tutti i loro macchinari di cantiere? Non si creerebbe in tutta quella zona una situazione di ingorgo permanente per un numero non piccolo di anni? Come sarebbe gestito il cantiere per evitare ai pazienti dell’ospedale i disagi dovuti ai rumori e alle polveri? E che ne faremmo dell’impianto fotovoltaico oggi in funzione sul parcheggio esistente dove dovrebbe essere costruita la nuova struttura? Lo smantelliamo perdendo la sua produzione e cancellando un esempio virtuoso di utilizzo delle aree a parcheggio, purtroppo non replicato nella realizzazione dei parcheggi dei nuovi supermercati?

Ecco, questi sono alcuni dei dubbi per i quali non me la sono sentita di firmare la petizione di Stop al Consumo di suolo. Dubbi che ritengo dovrebbero essere fugati dalle proposte dei tecnici regionali. Senza risposte convincenti ed esaustive alle domande che i cittadini di Savigliano si pongono, temo faremmo inesorabilmente la fine di Mondovì Piazza, di Savona, di Alba e compagnia cantante per l’antico, inveterato vezzo di questo paese di rimandare, rimandare e ancora rimandare le risposte alle domande scomode che obbligano a pensare, a programmare e a guardare lontano invece di fermarsi alla punta del proprio naso.

Guido Chiesa