ANTONELLA GONELLA - Dal biberon alle urne cinerarie, passando attraverso strumenti musicali di ogni tipo, giocattoli per bambini, bottiglie, lampade. Tutti rigorosamente realizzati con le zucche. Tutti nati in un laboratorio alle porte di Albenga. Danilo Raimondo e Cristina Bolla sono una coppia nella vita e nel lavoro, accomunati dalla passione per l’arte: lei realizza sculture e creazioni immaginifiche, lui strumenti musicali. Insieme hanno dato vita ad un’intera orchestra e a un’incredibile collezione itinerante che, già ospite a Saluzzo in occasione di Start, tornerà in provincia di Cuneo, dal 29 settembre al 1 ottobre, in occasione della Fiera regionale della zucca.
"A Piozzo – spiega Danilo che si definisce Artigiano del suono – ci sentiamo a casa. Partecipare alla fiera è ormai tradizione: veniamo da molti anni, ogni volta in occasione del grande evento autunnale”. Non poteva essere altrimenti, con le oltre 600 specie di zucche in esposizione, da quelle di piccole dimensioni agli esemplari monumentali che arrivano a superare i 500 chilogrammi. Tra tutti generi in cui si declina quello che per molti è un comune ortaggio, c'è un esemplare che nasconde una storia antica: la Lagenaria. Il nome deriva dal greco lagenos e significa recipiente. Lo deve alla sua forma, simile ad una bottiglia o a un piccolo fiasco. Se svuotata e seccata, assume una consistenza legnosa, leggera e insieme resistente, che la rende perfetta per molti usi.
Da millenni è, ad esempio, un contenitore ideale per i liquidi: offerto direttamente da madre natura e pronto all’uso, viene prima dell’otre in pelle e ispira le successive lavorazioni in terracotta. Così la tradizione emerge prepotente in questa storia che valica il confine tra Piemonte e Liguria, tra incredibili rimandi e somiglianze. Non è un caso neppure l’antico soprannome dei piozzesi: i “lapa cuse”, coloro che bevono dalle zucche, trasformate in borracce da utilizzare durante il lavoro nelle vigne. A pochi chilometri, ad Alessandria, la storia si ripete con la zucca di Fubine o “da tasca”: grazie alla forma schiacciata era il sostituito della fiaschetta per la grappa. Passato il confine, in Liguria, c’è la “zucca da vino”.
E’ solo l’inizio di un viaggio che prende quasi subito la strada di paesi lontanissimi e genti antiche. Danilo e Cristina seguono itinerari non scritti, tra tradizione e mito: raccontano un percorso che dura da vent’anni tra studi, ricerche e sperimentazioni. E che tocca tutti i continenti: dall’estremo oriente all’Africa, fino alle coste del sud America. Segue le tracce di un vegetale che si rivela simbolo identitario e collante culturale tra popoli solo all’apparenza diversi. A dirlo sono i reperti museali risalenti a migliaia di anni fa in Messico, come in Thailandia. Ma c’è anche il mito che ne consolida ed eterna l’uso: così le leggende del popolo Yoruba, in Africa, raccontano come il dio Olodumare creò il mondo lanciando una grande zucca sacra che rompendosi diede origine a cielo e terra. Per i Taoisti le zucche celesti contengono le cose importanti all’origine del mondo. Probabilmente anche la musica.
Per Danilo tutto inizia nel 1998. “Durante un viaggio in India ho incontrato un musicista con una kalimba. Volevo uno strumento uguale. Tornato in Italia, l’ho cercato scoprendo che non esisteva in commercio. Così ho provato a costruirlo. Partendo da una zucca”. A quel primo lavoro ne sono seguiti altri, fino a comporre una collezione di oltre 150 strumenti. Un repertorio di sonorità tra storia, antropologia e mito. Nel suo laboratorio Danilo inventa, immagina, riproduce. Ripercorre le tracce armoniche di artigiani che prima di lui utilizzano da tempo immemorabile la Lagenaria per produrre musica. Ci sono la Kola, a metà strada tra un’arpa e un liuto, il Bolon in uso in Mali e il Balafon antenato dello xilofono, tutti originari dell’Africa; gli Hulusi, simili al flauto in Cina; l’Ipu Heke che segna i ritmi hawaiani; il Guiro e lo Shekerè diffusi nell’America meridionale come il Berimbau che accompagna la capoeira; fino alla zampogna di Panni o alle più classiche chitarre.
Per suonarli tutti nasce la “Cucurbita Sapiens Orchestra” che mette in scena uno spettacolo, tra il concerto e l’esperienza teatrale. Con un messaggio: forse in un tempo, come quello contemporaneo, alle prese con una crisi ambientale senza precedenti e mutamenti epocali, la soluzione è a portata di mano. La risposta potrebbe venire dalla zucca: umile e versatile, parla di fratellanza tra genti e di una vita più semplice, capace di tornare al rispetto della natura. “Volendo sognare in grande – ipotizza l’Artigiano del Suono - potrebbe perfino sostituire la bottiglia in plastica. Lo ha fatto per millenni”. In fondo anche Cenerentola nella favola se ne va al ballo a bordo di una zucca trasformata in carrozza. Magari non è un caso.
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Antonella Gonella