GUIDO CHIESA - Il centrare ossessivamente l’attenzione dell’azione politica sulla crescita del PIL ha due gravi conseguenze: la prima è che ci condanna al perseguimento di un obiettivo impossibile, ossia quello della crescita infinita, foriero di sciagure immani per l’umanità di cui si iniziano a notare i primi segnali. La seconda è che obbliga gli economisti a escogitare soluzioni che nulla hanno a che vedere con i reali bisogni delle persone. (Leggi QUI l'articolo precedente)

 

Per rimediare a queste distorsioni, una forza realmente alternativa non dovrebbe, tanto per incominciare, far finta di credere in slogan palesemente ingannevoli come quello della Decrescita felice. Slogan di quel tipo non hanno altro obiettivo che illudere gli elettori che è possibile trovare una soluzione indolore all’interno di sistema che sta evidenziando ogni giorno di più i suoi limiti e le sue aberrazioni. Per una forza alternativa dovrebbe essere chiaro, una volta per tutte, che la Decrescita non è mai felice.

 

Dal canto loro, nella ricerca spasmodica della crescita del PIL, gli economisti hanno escogitato le soluzioni più varie e, talvolta, tra di loro contraddittorie. Dalla spinta ai consumi di qualsivoglia genere, sino all’assurdità dell’economia dell’usa e getta, all’aumento del debito dello Stato, all’inflazione che, se contenuta, diminuisce poco alla volta il potere d’acquisto dei salari senza che i cittadini quasi se ne accorgano. Tutte soluzioni che la politica ha fatto sue perché consentono di mantenere il favore degli elettori e il loro permanere in situazioni di privilegio.

 

Ma dove l’ossessione della crescita del PIL raggiunge il suo vertice è nel sillogismo: “meno tasse = più consumi, ergo ripresa dell’economia”. E’ un ragionamento semplicistico fatto apposta per aggirare i veri problemi del paese, che sono la mancanza di fiducia nel futuro, specialmente tra i giovani, l’illegalità endemica che porta alla cronica evasione fiscale e contributiva (in Italia, da sola, si verifica 1/3 dell'evasione dell’IVA dell’intera Unione Europea), la corruzione, il controllo della malavita organizzata su intere parti del paese, la lentezza della giustizia, l’incapacità dei gruppi dirigenti di creare nuovo lavoro, ecc. ecc.

 

Con gli 80 euro di Renzi la Sinistra si è piegata alla logica di quel sillogismo, dimostrando tutta la sua subalternità alle tesi neoliberiste. La misura non era sbagliata in assoluto, ma non ha dato, com’era facilmente prevedibile, l’impulso sperato all’economia. Misura che dopo le elezioni europee ha pure perso il suo valore propagandistico, condannando il PD ad una sconfitta dopo l’altra in tutte le successive elezioni amministrative e politiche.

 

Tutti gli economisti non allineati sulle tesi della destra sanno perfettamente che la ripresa dell’economia passa attraverso gli investimenti pubblici e privati, che purtroppo sono stati sacrificati anche dagli ultimi governi di sinistra. Il fatto è che questi ultimi danno risultati a lungo termine, mentre la politica politicante ha bisogno di trofei da esporre nel più breve tempo possibile.

 

Il risultato finale dell’aver distribuito circa 10 miliardi/anno, in deficit, ad alcune famiglie italiane, in ossequio alla ingannevole teoria economica del rilancio dell’economia attraverso i consumi, è ora sotto gli occhi di tutti: ciò che è stato dato con una mano, dovrà essere ripreso con l’altra, con un aumento dell’IVA di circa 23 miliardi, che graveranno anche su quelle famiglie che gli 80 euro, o i 500 euro ai diciottenni, non hanno nemmeno intravisto.

Guido Chiesa

(4-continua)