CUNEO CRONACA - "Con la presente vorremmo fare alcune brevi considerazioni circa l'articolo di Guido Chiesa, presidente della Consulta Ecologica di Savigliano, in provincia di Cuneo. Gran parte delle sue argomentazioni ci appaiono senz’altro condivisibili, ma anche del tutto senza peso rispetto all’oggetto della petizione da noi proposta relativa all’ubicazione delle nuove strutture sanitarie. (Leggi QUI)

È sicuramente condivisibile "l’irritazione" di fronte all’assessore regionale che dichiara di volersi affidare ai tecnici, ma dimostra chiaramente di avere una soluzione preferita. Probabilmente lo sono anche le sue considerazioni sulla necessità di “una visione complessiva” sull’organizzazione del sistema sanità, le sue critiche al sistema “ospedalocentrico”. Osservazioni che però non ci possono guidare, almeno ci sembra, nella decisione se sia meglio costruire un n uovo ospedale su terreni agricoli alla periferia della città, come vorrebbe Chiesa, su terreni già edificabili, ma non ancora cementificati, nei pressi della St. Gobain, come sembra preferire l’assessore regionale, o, come noi proponiamo, su un’area già edificata e che consenta la massima valorizzazione delle strutture già esistenti.

Altre considerazioni sono sicuramente realistiche, come quelle relative alla viabilità o ai disagi dovuti ai lavori in corso (ma tali problemi si pongono, anche se in modo diverso, comunque per tutte e tre le soluzioni), o i probabili disagi provocati ai pazienti e agli operatori, che dovranno sicuramente essere oggetto di prioritaria attenzione da parte di chi organizza i lavori. Per quanto riguarda l’impianto fotovoltaico esistente, un'altra delle criticità sollevate, andrebbe vagliata la possibilità di trasferirlo altrove. Quello che non possiamo, invece, assolutamente condividere è lo scarto tra le affermazioni di principio e le scelte reali. “Bloccare il consumo del suolo e difendere il paesaggio sono parole d’ordine che ho sempre condiviso con convinzione. La cementificazione ha raggiunto …livelli insopportabili”, ma per questa volta la sopporteremo ancora.

Qui non è in gioco solo la difesa della bellezza del paesaggio, come sembra credere Chiesa, ma di un bene indispensabile alla vita degli uomini, come lo sono l’acqua o l’aria, che è il suolo fertile. Occorre infatti considerare che la cementificazione di un territorio sottrae alle generazioni future una risorsa che per tornare utilizzabile impiegherà almeno un millennio! Non possiamo non prendere atto che in Italia stiamo consumando il suolo agricolo a un ritmo folle: 15 ettari (150.000 mq) al giorno, ovvero l’equivalente, grosso modo, di tre piazze Santarosa ogni ora (Rapporto Ispra-Snpa sul "Consumo di Suolo in Italia 2018") e quindi non avviare i processi di inversione, ormai urgentemente necessari, per offrire una possibilità di vita alle generazioni del nuovo millennio, ovvero alle generazioni che sono già tra noi (i decenni 2030-50 sono considerati, per molti indici, gli anni in cui, se non ci saranno sostanziali modifiche nei nostri stili di vita, compreso il consumo di territorio, il nostro pianeta collasserà).

Si tratta di consentire o meno ai bambini che circolano tra noi di avere risorse per vivere una vita dignitosa. Questo è, a nostro modo di vedere, l’unico modo per, come auspica Chiesa concludendo il suo intervento, “guardar lontano invece di fermarsi alla punta del proprio naso”. (QUI il link per firmare la petizione)

Pier Fiorito, Stop al consumo di territorio - Movimento di opinione per la difesa del diritto al territorio non cementificato

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"La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che spero i tecnici della Regione faranno per entrambe le soluzioni, dirà quale delle due è la meno dannosa. In quella valutazione il parametro del consumo di suolo agricolo dovrà essere certamente considerato. Ma non sarebbe corretto, a mio giudizio, rimanesse l’unico. Andrebbero considerati anche tutti gli altri parametri: risparmio energetico, riduzione delle emissioni di gas climalteranti, produzione di energia da fonti rinnovabili, ecc.
Inoltre una VIA fatta a regola d’arte dovrebbe considerare anche la fattibilità delle mitigazioni, ossia di tutte quelle azioni che realisticamente potrebbero essere pensate per ridurre gli impatti negativi. Ad esempio, le prescrizioni da imporre all’impresa esecutrice dei lavori affinché, nel caso dell’utilizzo delle aree già occupate dalle strutture ospedaliere esistenti, i disagi ai pazienti e agli operatori siano ridotti al minimo. Ovvero se sia realistico rivedere il Piano regolatore della città di Savigliano in modo da declassare le finalità di alcune aree, da commerciali o industriali a terreni ad uso agricolo, per compensare il consumo di suolo della seconda soluzione.

Non sono ovviamente in grado di anticipare il risultato di queste analisi e quindi non ho espresso, né posso esprimere, una preferenza. La mia era una considerazione di tipo metodologico, ossia quella di evitare decisioni sulla base di pre-giudizi, di principi ritenuti immodificabili. Sono un laico anche nel valutare le questioni di tipo ambientale: ammetto quindi delle eccezioni, che, nel caso dell’ospedale, ritengo possano essere ragionevolmente ammesse. Un ospedale non è un capannone, l’ennesimo supermercato o un distributore di cibo spazzatura. Non è la stessa cosa di quello che è stato deciso di fare al fondo di via Alba in merito alla cui vicenda devo purtroppo ammettere una mancanza della Consulta Ecologica che non ha avuto la prontezza di seguirne gli sviluppi ed intervenire prima che il fatto fosse compiuto. A sua parziale discolpa va detto che, in quel caso, anche le associazioni ambientaliste sono rimaste distratte e non hanno presentato petizione alcuna".  

Guido Chiesa