GUIDO CHIESA - Si è conclusa la prima fase delle primarie del Pd. Quella riservata agli iscritti e finalizzata a selezionare i due candidati che si contenderanno la Segreteria del Partito al ballottaggio del 26 febbraio. Ballottaggio aperto a tutti coloro che vorranno prendervi parte.

In provincia di Cuneo sono andati a votare in 601 iscritti, ossia il 63,6% di coloro che avevano diritto al voto (945). Tutto sommato un discreto risultato. Con 307 voti è risultata prima Elly Schlein (51,34%), seguita da Stefano Bonaccini con 229 voti (38,29%), Gianni Cuperlo con 50 (8,36%) e ultima Paola De Micheli con 6 voti (1%).

L’orientamento del PD in provincia di Cuneo è risultato diverso dal nazionale che vede Bonaccini primo con il 55% dei consensi, contro il 33% della Schlein. Cuperlo avrebbe ottenuto il 7,72% e De Micheli il 3,77%. Sono ancora da conteggiare i voti nei circoli in Lazio e in Lombardia a causa della proroga concessa fino a domenica prossima per la coincidenza con le elezioni regionali.

Colpisce purtroppo la scarsa attenzione data in generale dai media a questo avvenimento. E ancor più la superficialità e la spocchia con cui alcuni giornalisti l’hanno commentato.

Queste primarie non rappresentano certo un fatto epocale, ma è un segnale abbastanza esplicito di un cambiamento di rotta del Partito Democratico. Non tanto perché porterà alla nomina di un nuovo segretario, quanto perché rappresenta la ripresa di un metodo di discussione interna che negli anni del partito “liquido” era stata ritenuta superflua ed era stata, di conseguenza, quasi completamente abbandonata.

Chi ha partecipato alle Assemblee dei circoli avrà infatti potuto notare riunioni con un numero interessante di persone, che hanno ascoltato con attenzione l’esposizione delle 4 piattaforme programmatiche e che hanno espresso il loro voto dopo un dibattito di alcune ore. Una pratica in netta controtendenza con i click dei voti online di qualche anno fa.

Dispiace che commentatori attenti alla salute della nostra democrazia non abbiano colto la novità di questa ripresa di un processo di partecipazione dopo tanti anni di antipolitica. Partecipazione che ha visto il riavvicinarsi di molti che avevano preso le distanze dal PD. Come pure non abbiano colto l’importanza del riaprirsi dei presidi di democrazia quali sono i Circoli del PD, gli unici ancora presenti sul territorio tra tutti quelli dei partiti presenti in Parlamento. 

Certo non è stato tutto rose e fiori. Il tempo del dibattito è stato tutto sommato ristretto rispetto ai temi da trattare, né gli interventi all’altezza dei tempi drammatici che il paese sta vivendo. Il difetto più evidente è stato che la maggioranza degli interventi è consistita essenzialmente nella dichiarazione di voto a favore di questo o quel candidato, piuttosto che una analisi del momento storico che il paese sta vivendo e l’indicazione del paese che il PD vorrebbe costruire negli anni a venire.

Tuttavia un tratto caratteristico di molti degli interventi è stata la consapevolezza degli errori compiuti negli anni passati e della necessità di recuperare i 6 milioni di voti principalmente persi nell’astensionismo, anteponendo alla questione delle alleanze la necessità di chiarire la natura stessa del partito democratico.

Un partito non più succube di questa o quella moda, subalterno alla ideologia dominante, ma un partito aperto ed inclusivo, disposto a considerare le “buone ragioni” altrui, ma non disposto a rinnegare la propria storia e il proprio radicamento tra il suo popolo in cambio di posti di governo fini a sé stessi. In conclusione, un partito che sa farsi rispettare anche se momentaneamente non è vincente, perché si sta impegnando a costruire la vera alternativa al deserto di idee di questa Destra che non sa come affrontare le grandi emergenze che incombono e le cui palesi contraddizioni non tarderanno a esplodere con grande fragore.

Guido Chiesa