ALDO A. MOLA - Tocca ai cittadini. Ogni persona è chiamata a fare la propria parte. Come in tempo di guerra e all'indomani di una guerra perduta.

Il 2018 per il Cuneese fu l'anno zero. Doveva segnare il completamento della Cuneo-Asti, del Tenda-bis, il rilancio dell'aeroporto di Levaldigi, la designazione di Cuneo capitale della cultura. Non è accaduto nulla.

Di mese in mese la rete stradale è peggiorata con un bilancio sempre più tragico di incidenti e di vittime. Quella ferroviaria registra, peggiorati, gli annosi disagi. Le riaperture di vecchie tratte (festeggiate come fossero merito degli amministratori attuali) insegna che si stava meglio in passato e che da decenni non si è fatto nulla di nuovo. 

La causa della stasi (che significa arretramento) è semplice: l'assenza di politica. Oggi non esiste nessun Soggetto rappresentativo. I “partiti” sorti (o risorti) nel dopoguerra sono tutti estinti. Non ne sono nati altri. Anche la “Lega” odierna è del tutto diversa da quella che  sulla fine del secolo scorso vide eleggere parlamentari oggi del tutto dimenticati. Il vuoto è istituzionale, politico, culturale.

Da anni la sciagurata “legge Del Rio” ha azzerato la rappresentatività dei Consigli provinciali. Nel Cuneese nessuno percepì il rischio. Nessuno si oppose in maniera significativa, almeno “a futura memoria”. Eppure era chiaro che la Granda avrebbe contato di meno in un Piemonte in affanno, in presenza di conflitti interstatuali drappeggiati da neo-nazionalismi, con o senza la giustificazione del doveroso controllo di clandestini.

Il Cuneese si poteva cullare nel sogno di attrezzarsi a  “buen retiro” per turismo di qualità a tre condizioni: Europa in crescita, Piemonte vincente nell'ambito dell'Italia centro-settentrionale, potenziamento della propria rete di comunicazioni, a cominciare dalla banda ultraveloce e di servizi. La Granda doveva anche mostrarsi compatta almeno nella promozione della propria immagine e dell'aggancio ai maggiori flussi turistici.

La realtà è sotto gli occhi. E' andata avanti in ordine sparso. La faglia tra Alba e Cuneo ha assunto dimensioni vastissime, in un quadro continentale che non concede sconti. 

Ora l'Italia è osservata speciale da parte di un'Unione Europea che a sua volta è in cerca di identità. La colpa non è della Brexit, ma dell'assenza di sincerità: la Francia, unico Stato dell'Unione fornito di arsenale atomico continua a considerarsi una grande potenza a sé stante. L'Unione perciò rimane una chiacchiera. Non basta alzare la voce per conferirle equilibrio: occorrono conti in regola.  

Senza la TAV l'Italia settentrionale esce dall'Europa. A Nord dell'Italia fiorirà la Grande Europa, da Lisbona aIla Russia. Vi sarà poi la piccola Europa: la penisola italiana, i Balcani, la Grecia, Cipro... E' accaduto in passato. Avverrà nell'immediato futuro. Il salto all'indietro si paga per secoli.

Non bastasse, la Granda ha un Consiglio provinciale (votato  a fine ottobre da un numero di aventi diritto inferiore rispetto a quello già modesto del turno precedente) politicamente asimmetrico sia rispetto a Torino, sia rispetto al governo nazionale. Spacciato come “laboratorio”, dal maggio 2019  (elezioni europee, regionali e in molti importanti comuni) esso potrebbe risultare solo un incidente di percorso, destinato a rendere sempre più afona la voce del Cuneese.

La mobilitazione di alcuni sindaci a sostegno del completamento di questa o quella infrastruttura rimarrà memorabile perché fece leva solo su amministratori e corporazioni economiche, senza alcun cenno al senso civile e culturale delle partite in gioco. E' la conferma che è svaporata l'”idea di Cuneo, Provincia Granda”. La “Storia” non è la conta dei caduti in questa o quella guerra (compresa quella, atroce, del 1943-1945) ma la capacità di far leva sul passato e farne tesoro per la riscossa civile. Dinnanzi alla flebilità delle istituzioni, all'assenza di partiti, alla pulviscolarità  caleidoscopica di “movimenti” e liste civiche, spesso coperchi di vecchie e nuove clientele, tocca a ogni cittadino fare la propria sua parte, senza illusioni di successi a breve termine, per futura memoria, per tenere insieme almeno quel che c'è: in un anno difficile come sarà il centenario della pace di Saint-Germain, che coronò il Risorgimento, quando il Cuneese aveva presidente del Consiglio provinciale uno statista quale Giovanni Giolitti e in Senato sedevano Luigi Einaudi e il marchese Marco di Saluzzo, poi raggiunti dal monregalese generale Donato Etna, di valorosa stirpe sabauda.

E' dunque urgente il ritorno della “politica”, che, come sempre sottintende il recupero della Storia, di un Progetto.  

Aldo A. Mola