ALICE MARINI - C'è un'aria stranamente calda a Torino, è l'8 dicembre. Il capoluogo piemontese sta per vivere un'altra giornata di manifestazione, questa volta per il No alla Tav. Protesta che fin dalle prime ore del mattino si preannuncia pacifica, "democratica". Non ci sono segnali di preoccupazione e nessuna misura straordinaria è stata attuata. In questo "giorno di festa" infatti i negozi sono tutti quanti aperti e si viaggia al ritmo di sempre a Torino. Abituata a questi eventi.

Mentre viaggio sfoglio le notizie, assisto alle dirette dei colleghi e, una volta giunta a Parigi, trovo una capitale blindata, deserta, spaventata, come non l'avevo mai vista. I Gilets Jaunes l'hanno invasa letteralmente. È il loro "quarto atto" di protesta e il bilancio, a metà giornata, parla già di più di 200 arresti e di oltre 500 perquisizioni.
 
La protesta nel frattempo si è allargata, manifestanti anche in Belgio e al confine con l'Italia, a Ventimiglia, con code e rallentamenti dovuti ai blocchi dei mezzi in entrata e in uscita dal Paese. A fare da cornice, forse un po' in secondo piano, la marcia per il clima che oggi attraversa molte città del mondo per chiedere uno sviluppo economico più attento all'ambiente.
 
È sicuramente un'Europa piena di domande quella di oggi, in cui le "masse" in piazza provano a condizionare, ognuna a suo modo, le grandi scelte politiche per il futuro, scelte che tutti ci aspettiamo possano portarci ad un futuro diverso e meno incerto.