Sulle pagine della cronaca nazionale, torna dirompente la questione rifiuti, a seguito del dibattito legato agli inceneritori e all’emergenza della regione Campania. “Le nostre aziende riciclano la maggior parte dei loro scarti – commenta Roberto Cagnazzo, coordinatore del Gruppo per la raccolta, selezione e smaltimento dei rifiuti di Confindustria Cuneo – e nella nostra provincia ci sono veri esempi di eccellenza. Tuttavia vi sono casi nei quali non è possibile riciclare, perché le tecnologie sostenibili per farlo non esistono.

Ad oggi, l’economia circolare non può rappresentare la soluzione per tutte le problematiche legate alla gestione dei rifiuti. Sostenerlo è una posizione esclusivamente ideologica. Nell’ambito di una più ampia strategia di ottimizzazione del ciclo del rifiuto, è indispensabile incentivare la differenziata e il recupero di materia e, al contempo, prevedere per le tipologie di scarti non riciclabili un processo di combustione dei rifiuti, che dia l’opportunità di gestirli come risorse, ricavandone energia.

Gli esempi di applicazione virtuosa non mancano: in Europa sono in funzione oltre 350 impianti di combustione, con cui viene gestito il 27,5% dei rifiuti complessivi. Questo dimostra che il ricorso alla combustione non rappresenta “un fallimento del ciclo dei rifiuti”, come dichiarato recentemente dal ministro Costa, ma una tecnica complementare alla virtuosa economia circolare del recupero. In Danimarca si "bruciano" 415 chili/abitante per anno. L’Italia con 99 chili pro-capite all’anno è il fanalino di coda dietro Paesi come l’Estonia (185 chili), il Belgio (181 chili), la Francia (174 chili) e il Regno Unito (152 chili), lo indicano i dati Ispra.

Ma l’allarme maggiore riguarda i rifiuti industriali e questo per le pesanti conseguenze che si possono originare. “Il settore nazionale dei rifiuti industriali” – prosegue Cagnazzo – “evidenzia una dipendenza strategica dai Paesi che utilizzano la combustione e che decidono quindi quanto ritirare e a che prezzo. A livello locale, a causa della saturazione degli impianti, le aziende rischiano di bloccare la produzione perché intasati da rifiuti che non trovano collocazione, in particolare per i materiali che non possono essere recuperati.”

“Il problema è serio – commenta il presidente di Confindustria Cuneo, Mauro Gola – ed è necessario che la politica se ne faccia urgentemente carico con provvedimenti concreti. Da parte nostra, intendiamo affidare ad un ente universitario uno studio che, partendo dalla fotografia dell’attuale situazione di emergenza, suggerisca possibili soluzioni. Siamo disponibili a collaborare con le Amministrazioni per sviluppare una pianificazione che finalmente trovi il coraggio di risolvere il problema, rispettando anche il principio di prossimità raccomandato dall’Ue e quindi trattando i rifiuti 'a km zero'. Solo così si evitano trasferimenti di mezzi che impattano sull’ambiente e si valorizza anche economicamente una risorsa. Va assolutamente evitato il rischio di infiltrazioni pericolose che in un momento di criticità potrebbero presentarsi, come accaduto di recente in realtà non lontane dalla nostra, con conseguenze gravissime”.